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LE RAGIONI DEL RICORSO
Nel 1995 la legge 335 ha modificato sistema di calcolo della pensione introducendo il metodo contributivo per tutti coloro che alla data del 31 dicembre del '95 avevano un'età un'anzianità contributiva utile inferiore a 18 anni. Per questi soggetti il calcolo della pensione da quella data sarebbe avvenuto con il metodo misto oppure solo contributivo per quelli che si sono arruolati successivamente al 31 dicembre 95. La legge prevedeva tuttavia anche l'istituzione di una previdenza complementare con dei fondi pensione che avrebbero dovuto integrare il meno vantaggioso trattamento pensionistico elargito dallo Stato. La previdenza complementare per il personale militare non è mai partita, dove siamo state pronunce dei giudici amministrativi che obbligavano l'amministrazione a concludere il procedimento concertativo ovvero negoziale.
La Corte dei Conti di Bari n. 207 del 18 maggio 2020 si è espressa stabilendo un risarcimento danno quantificato nel rendimento che avrebbero avuto i fondi pensione qualora fossero stati avviati.
Ebbene questa pronuncia ha aperto la strada ad una nuova prospettiva processuale.
Se per un verso la giurisprudenza sta dimostrando riserve in merito all’applicazione del sistema retributivo fino alla partenza dei fondi pensione, alimentando dubbi in tema di giurisdizione che rendono incerto il proseguimento del giudizio, per l’altro verso il tema esclusivamente risarcitorio si rivela essere quello che offre maggiori garanzie con particolare riguardo all’accoglimento e all’ammissibilità al conflitto di giurisdizione.
Riteniamo, tuttavia, che il ricorso debba essere proposto sempre al Tribunale Amministrativo e non presso la corte dei Conti per le seguenti ragioni:
● in primo luogo la sentenza si discosta dalla prevalenza delle altre Sedi territoriali della Corte dei Conti le quali hanno più volte ribadito, in tema specifico risarcitorio, la giurisdizione del Giudice Amministrativo (1);
● Il codice del processo amministrativo prevede esplicitamente l’azione di risarcimento danno in capo al Giudice Amministrativo per il mancato esercizio di un’attività amministrativa obbligatoria (avvio previdenza complementare), ciò ai sensi dell’art. 30 del codice del processo amministrativo - D.lgs.104/2010.
● la Corte di Cassazione Civile Sezioni Unite si è espressa sulla giurisdizione del Giudice Amministrativo in tema di contribuzione del lavoratore e previdenza complementare (2);
● la sentenza della Corte dei Conti di Bari si riferisce ad un militare che aveva chiesto il transito dal sistema misto a quello interamente contributivo, con le conseguenze connesse con l’applicazione del TFR in luogo della molto più vantaggiosa Buonuscita oggi riconosciuta a tutti i militari (le differenze possono arrivare a qualche decina di migliaia di euro)
Con riferimento all’ultimo punto ora citato, giova chiarire che il passaggio al TFR rappresenta (a fondi avviati) una opzione volontaria del militare condizionata al passaggio al regime interamente contributivo, e la sentenza della Corte dei Conti ora menzionata, ha come presupposto di fatto proprio l’esercizio di questa opzione da parte del ricorrente.
A nostro avviso, pertanto, perseguendo la strada del ricorso alla corte dei conti con i presupposti di fatto della sentenza sopra esposta, oltre alle limitate aspettative connesse con il valore isolato della menzionata sentenza, anche un eventuale accoglimento si potrebbe creare una condizione di incertezza/penalizzazione giuridica sia con riguardo alla giurisdizione sia nel caso in cui dovesse essere avviata la previdenza complementare nelle forze armate (si ricorda che il ricorrente alla Corte dei Conti aveva chiesto di esercitare l’opzione per l’intero contributivo). L’eventuale valore risarcitorio nei termini stabiliti dalla menzionata sentenza, dunque, non compenserebbe i notevoli svantaggi economici conseguenti all’esercizio di opzione al regime contributivo o al TFR.
A fine di evitare questioni di inammissibilità ovvero di giurisdizione, il ricorso, diversamente da iniziative analoghe comunicate dai nostri utenti, è stato appositamente studiato sul danno conseguente alla parziale applicazione della riforma del ’95, con riferimento non solo al danno conseguente al mancato avvio della previdenza complementare a altresì a quello derivante da un maggiore carico contributivo che in concreto ha causato delle diminuzioni stipendiali.
Si persegue, pertanto, il risultato di ottenere un risarcimento danno senza indurre i ricorrenti a esercitare oggi il diritto di opzione per il sistema interamente contributivo ovvero per il Trattamento di Fine Rapporto, in luogo della più conveniente Indennità di Buonuscita, alternativa che i ricorrenti saranno liberi di esercitare in caso di successivo avvio della previdenza complementare.
Per quanto attiene il valore del risarcimento, esso varia di persona in persona a seconda dell’anzianità di servizio, riteniamo che potrà essere quantificato in via equitativa dal giudice con riferimento alla maggiorazione contributiva subita dai militari in seguito all’applicazione (solo parziale) della riforma delle pensioni del 1995 e gli ulteriori benefici previsti dalle leggi relative alla previdenza complementare.
CHI PUO’ ADERIRE AL RICORSO
possono aderire al ricorso i seguenti soggetti che al 31/12/1995 avevano meno di 18 anni utili alla pensione e gli arruolati a partire dal 01/01/1996:
- militari in servizio delle Forze Armate (inclusa Arma dei Carabinieri) - minimo 50 adesioni -
- militari in servizio della Guardia di Finanza - minimo 50 adesioni -
- militari in pensione da non oltre 4 anni e 6 mesi (verranno inseriti nei ricorsi del personale in servizio con relativo numero minimo di adesioni)
(1). Corte dei Conti Marche 2-5/2019 Lombardia 39/2018, Molise 46/2018, Abbruzzo 66/2018, Lombardia 95/2018, Friuli Venezia Giulia 39/2018, Sardegna 169/2017, Toscana 148/2009, Puglia 349/2017, Sez. Appello I, n. 226/2013 e n. 159/2011.
”… gli asseriti danni consequenziali al mancato tempestivo avvio (o alla mancata conclusione) delle procedure in questione, non possono che essere di competenza del giudice amministrativo medesimo (ex artt. 7, comma 4, 30, 34, comma 1, lett. c, 112, comma 3, 133, comma 1, lett a, n. 1 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104), al quale soltanto spetta valutare se il danno in parola sussista effettivamente e se esso sia da porre in relazione causale con l’azione amministrativa o, comunque, con una responsabilità dello Stato (in termini sez. Abruzzo n. 40/2017 e sez. Lombardia n. 95/2018)”
(2) Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 29/09/2009) 12-10-2009, n. 21554
“"... Afini della giurisdizione non è sufficiente la natura latamente previdenziale della prestazione richiesta, ma occorre altresì che tale prestazione sia dovuta da un ente preposto alla previdenza obbligatoria nell'ambito di un rapporto (previdenziale, appunto) che trovi fonte esclusiva nella legge e abbia causa, soggetti e contenuto diversi rispetto al rapporto di lavoro, il quale a sua volta si ponga rispetto al rapporto previdenziale come mero presupposto di fatto e non come momento genetico del diritto alla prestazione. Ove sussistano questi requisiti, vi è la giurisdizione del giudice ordinario anche quando il lavoratore sia un pubblico impiegato, salvo beninteso il caso di giurisdizione della Corte dei Conti. Ben diverso è il caso in cui la prestazione di contenuto genericamente previdenziale sia dovuta al lavoratore come prestazione del datore di lavoro nell'ambito di una forma di previdenza interna a carattere aziendale, anche se il fondo all'uopo costituito sia alimentato dai contributi a carico anche dei lavoratori. Ed infatti le somme in tal modo raccolte appartengono ai soggetti del rapporto di lavoro e costituiscono l'accantonamento di una parte della retribuzione a fini previdenziali (così realizzandosi, ma per il tramite della retribuzione, la funzione previdenziale di cui all'art. 38 Cost.), ed hanno perciò natura del tutto diversa da quella assunta dai contributi previdenziali obbligatori. “… La stretta inerenza sostanziale al rapporto di impiego, tale che la contribuzione non è altro che una parte della prestazione retributiva, si riflette sulla determinazione della giurisdizione, nel senso che le relative controversie sono devolute al giudice del rapporto, e quindi al giudice amministrativo …”
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